Dopo una dura battaglia alla plastica e al suo inquinamento degli oceani, sono tornati i sacchetti monouso e le confezioni monoporzioni. Combatti la guerra alla plastica con un depuratore per la tua acqua di casa.
La scelta giusta è bere l’acqua di casa.
Questo post è stato creato con l’intento di creare maggiore consapevolezza sulla tematica inquinamento. Si stima che nel 2050 ci sarà più plastica nel mare che pesci. Questo dato, dovrebbe veramente far riflettere e spingere noi italiani a prendere coraggio e posizione per il futuro del nostro pianeta, dei nostri cari e dei nostri figli. Il tempo sta scadendo e a noi rimane solo un’unica scelta: ridurre il più possibile ogni forma di inquinamento dalle nostre vite, magari partendo dalla plastica è un ottimo inizio.
A proposito di bottiglie di plastica, come mai siamo ancora nella top 5 dei paesi al mondo per consumo e produzione di acqua in bottiglia?
I primi in classifica sono paesi in via di sviluppo che non hanno acqua e che quindi per necessità devono distribuirla esclusivamente con le bottiglie. Ma noi no. Noi abbiamo acqua in abbondanza, falde e ghiacciai. E’ vero, negli ultimi anni la forte industrializzazione ha portato all’inquinamento delle falde ma esistono sistemi per purificare l’acqua del nostro rubinetto e poter così finalmente bere un’acqua priva di inquinanti e completamente plastic-free.
Piuttosto che comprare bottiglie in PET e quindi pagare per inquinare, ci sono soluzioni alternative più economiche, più comode e completamente a impatto ambientale zero. Una famiglia di tre persone, consuma all’incirca 2 bottiglie di acqua al giorno. Sono oltre 700 bottiglie prodotte in un anno. Un depuratore d’acqua, tipo AcquaGEN AG 3000S, produce solo un filtro all’anno. C’è molta differenza vero?
Ad esempio, un palazzo classico degli anni ’80 normalmente ha cinque piani con quattro appartamenti per pianerottolo. Venti famiglie in tutto che producono 14.000 bottiglie di PET all’anno, contro 20 filtri. Provate ad immaginare come basterebbe poco per contribuire all’eliminazione della plastica. La scelta finale spetta a noi e solo il tempo ci darà risposta.
Cerchiamo di optare anche per sacchetti della spesa riutilizzabili, piuttosto che i sacchetti di plastica. Sono molto più contenitivi, non si danneggiano nell’utilizzo e risultano essere più comodi. Preferite bibite in vetro o alla spina. Alcuni bar e grandi catene hanno già iniziato ad eliminare le bottiglie di plastica.
Consapevolezza, etica e rispetto per il prossimo sono i valori che contribuiranno a formare una categoria di consumatore rispettoso per l’ambiente e per se stesso. Fate la scelta giusta. Date un calcio alla plastica, il pianeta vi ringrazierà.
I dati sull’inquinamento dopo il lock down.
A distanza di pochi mesi vengono pubblicati i dati sull’impatto ambientale derivato dal lock down. Si festeggia l’abbattimento di polveri sottili e la riduzione del buco nell’ozono, ma non ci si è ancora accorti della quantità di plastica che è stata prodotta e che in gran parte finirà nel grande centro di raccolta rifiuti del pianeta: il mare.
Ma iniziamo parlando di dati incoraggianti. Il lock down, si sa, ha portato ad un abbattimento per pochi mesi della circolazione su gomma in tutto il mondo. Sono bastati solamente pochi mesi di pausa per permetterci di ridurre del 5% le emissioni di gas serra globali, con la diretta conseguenza di una drastica riduzione del buco nell’ozono.
Studiosi da tutto il mondo hanno potuto notare come, in così poco tempo, molti dei problemi derivanti dai gas di scarico fossero notevolmente abbattuti. Sicuramente questa cosa ha portato ad un grande clima di incoraggiamento e avvicinamento alla tematica dell’impatto ambientale.
Ma se da un lato i dati sono molto ottimisti e positivi, dall’altro sono ancora più allarmanti.
Mascherine, guanti monouso, flaconcini e confezioni varie per garantire l’igiene dei singoli prodotti hanno aperto le strade ad uno dei più grandi boom di inquinamento mai visto negli ultimi dieci anni. In termini numerici, l’agenzia di business Grand View Research che da anni studia i modelli di business e il loro comportamento in situazioni particolari, ha pubblicato i dati sul fatturato annuo relativo al mercato delle mascherine di questi due anni.
Nel 2019, si è stimato che il mercato delle mascherine usa e getta abbia prodotto vendite per un totale di 800 milioni di dollari di fatturato. Nel 2020, lo stesso mercato, ha prodotto vendite per un totale di 166 miliardi di dollari di fatturato. Stiamo parlando di oltre 207 volte il valore dell’anno precedente. Moltiplicatelo in termini di mascherine usa e getta prodotte e capirete quale grave disastro ambientale abbiamo prodotto.
La plastica in Italia.
In italia, a differenza di quanto si pensi, la situazione di produzione plastica e inquinamento è invariata negli ultimi quindici anni. La tematica è fortemente sentita dalla popolazione e più volte nei sondaggi gli italiani dicono che bisogna contribuire per la salvaguardia del nostro pianeta. Il problema è che lo dicono, ma poi non lo fanno. Pigrizia o meno, gli italiani negli ultimi anni hanno temporeggiato.
Il consumo di plastica è leggermente aumentato dal 2002 ad oggi. Il totale di plastica pro capite secondo i dati ISTAT è salito da 34 kg annui a 35 kg annui. Quindi se l’intenzione era dare un contributo per essere attivi contro la guerra all’inquinamento, possiamo tranquillamente affermare che stiamo sbagliando tutto.
L’unico dato sensibilmente migliorato è la produzione di plastica e imballaggi all’interno delle attività. Le aziende italiane infatti hanno ridotto il consumo di plastica di circa il 20% negli ultimi quindici anni. Azione di marketing o consapevolezza sul problema, oggi i modelli di business vengono adattati sul miglioramento delle tecnologie produttive e sulla sensibilizzazione dell’inquinamento.
Ma come mai questa forte ambivalenza? Come possiamo essere sensibili alla tematica durante il lavoro e poi dimenticarcene quando torniamo a casa?
Se ci fermiamo a pensare, la plastica viene utilizzata in numerosi impieghi e di fatto risulta essere indispensabile per gli imballaggi vari ed effettuare le consegne. Molte tecnologie o materiali senza plastica si rovinerebbero subito. Pensate al mercato dei mobili. Se non ci fossero imballaggi protettivi, non arriverebbero mai a casa dei clienti senza ammaccature o graffi. Oppure il settore alimentare, senza un involucro il cibo sarebbe esposto ai batteri e all’ossidazione. Eppure, nonostante sia di vitale importanza, il commercio ha dato un ottimo contributo all’abbattimento dell’inquinamento mentre le famiglie italiane hanno continuato incuranti il loro stile di vita.
E la plastic-tax?
A quanto pare, sembra che la plastic-tax sia stata più una campagna pubblicitaria che ha portato più appeal e audience ai politici che una vera e propria manovra contro la plastica. Tranquilli non è mai andata in porto e per ora è lasciata chiusa nel cassetto. Nel decreto Cura Italia ad esempio, c’erano incluse l’abolimento della sugar-tax e della plastic-tax perché ritenute dannose per un’economia sul rischio di un tracollo.
Ovviamente la scusa è sempre quella, indebolimento del fatturato aziendale, manovra poco utile durante una pandemia mondiale e rischio di perdere il lavoro da parte di molti cittadini. Però in realtà il vero potere è in mano a noi consumatori. Le aziende e lo Stato, hanno bisogno di introiti quotidiani, quindi è chi consuma e di conseguenza spende che detta le regole del mercato. Se tutti uniti puntassimo ad una direzione comune, sicuramente ci sarebbe un abbattimento maggiore della produzione della plastica.